Il Lambrusco che sorprende: nasce il Manifesto dei Custodi per riscrivere il futuro del vino emiliano

Il Lambrusco non è più quello che credevate. Dimenticate l’immagine di un vino leggero e disimpegnato, adatto solo a tavolate rumorose e brindisi facili. Oggi, il Lambrusco si presenta con una nuova voce, un’identità ritrovata e una promessa chiara: essere finalmente riconosciuto per ciò che è davvero. A guidare questo cambiamento è un progetto collettivo, ambizioso e necessario: i Custodi del Lambrusco.

Ventisette realtà produttive, tra piccole aziende agricole e cantine più strutturate, hanno scelto di unire le forze per difendere, valorizzare e rilanciare uno dei vini più rappresentativi dell’Emilia. Lo hanno fatto firmando un Manifesto, che non è solo una dichiarazione d’intenti, ma una vera e propria mappa valoriale, un patto tra persone e territori. “Siamo custodi dell’essenza più pura del Lambrusco”, recita il documento. Un coro di voci che si fa movimento, rivolto al presente e proiettato verso il futuro.

Il gruppo parla di Lambrusco in modo nuovo: inclusivo, autentico, senza fronzoli. Perché questo vino, così fresco e conviviale, può anche essere complesso, strutturato e nobile, se lavorato con consapevolezza e rispetto. Il Manifesto è la loro risposta a chi ancora considera il Lambrusco un vino “minore”: non serve reinventarlo, basta raccontarlo per quello che è.

I Custodi rivendicano con orgoglio le loro radici: Modena e Reggio Emilia, terre che da secoli ospitano una viticoltura unica e identitaria. Qui si coltiva non solo la vite, ma anche un sapere condiviso, fatto di artigianalità, sperimentazione, passione. Il gruppo non vuole annullare le differenze, ma anzi esaltarle: ogni cantina ha la propria storia, ogni Lambrusco una sua voce. La forza del collettivo è proprio questa: “Ci nutriamo delle differenze del singolo e siamo singoli produttori che diventano forti in un gruppo”.

Dopo la presentazione ufficiale del Manifesto, avvenuta il 31 marzo 2025, i Custodi hanno cominciato a costruire una rete di relazioni e confronti, con l’obiettivo di portare il Lambrusco fuori dai confini tradizionali. Vogliono parlare a un pubblico nuovo, anche a quello che finora ha snobbato questo vino, per pregiudizio o disinformazione.

Il loro messaggio è chiaro: “Il Lambrusco è un vino che unisce storia e futuro nel presente”. Non cercano etichette di prestigio, ma rispetto. Non puntano a stravolgere l’immagine del Lambrusco, ma a renderla più vera. Più aderente a ciò che accade oggi nei vigneti, nelle cantine e nei bicchieri.

La sfida è soprattutto culturale: restituire dignità e valore a un prodotto che, quando ben fatto, non ha nulla da invidiare ai grandi vini internazionali. I Custodi vogliono cambiare il racconto, con onestà e trasparenza. E lo fanno con una “rivoluzione gentile”, che parte dalla terra, attraversa la filiera e arriva in bottiglia, forte di un patto condiviso che mette al centro la qualità, la sostenibilità e l’identità.

Il Lambrusco non è un vino banale. È tante storie belle e possibili. Non fermiamoci alla prima.

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